ANNO 25 n° 111
Ai Cappuccini si spara e si spera
Viaggio nel quartiere dopo la lite (e il colpo di pistola) al semaforo di sabato

VITERBO – ''Sì, in effetti ho sentito qualcosa. I clacson che suonavano, le auto, le urla. Poi uno scoppio. Ma non è che ci ho fatto caso, lì per lì: sa, qui di liti per motivi di traffico e di viabilità se ne vedono spesso. Uno che passa col semaforo giallo quando ormai è più rosso che giallo, un altro che fa il furbetto e dalla corsia per la svolta si avvantaggia e tira dritto… Ne capitano ogni dieci minuti, ormai ci siamo abituati. Però, cavolo, sparare. A che punto siamo arrivati?''.

 

A parlare è Anna, chiamiamola così, una commerciante dei Cappuccini che sabato scorso ha assistito – senza rendersene pienamente conto finché non ha letto la cronaca di Viterbonews24 – alla sparatoria di via Isonzo. Adesso, la sera di domenica all'ora dell'aperitivo, ricompone il puzzle degli eventi e quasi viene percorsa da un brivido.

 

''Per fortuna che era sabato – ragiona – perché da quelle parti c'è una scuola privata molto frequentata (l'istituto Cardinal Ragonesi, ndr) ma mi pare che il sabato non ci siano lezioni. Di solito proprio verso quell'ora escono gli studendi. Non oso immaginare cosa sarebbe potuto succedere''. Già: la pistola con cui lo sparatore ha colpito e mandato in frantumi il lunotto della Renault di un altro automobilista con cui era ''entrato in conflitto'' (eufemismo) per ragioni appunto di viabilità, sarà pure stata a piombini, ma sarebbe bastato un pallino vagante per accecare una persona. Un passante. Magari uno scolaro che usciva felice dalla scuola, oppure un anziano che si trovava a passare di lì.

 

Questa parte dei Cappuccini, come quel ramo del lago del lago di Como, resta tuttavia un posto tranquillo, una specie di isola felice (o meno pericolosa) di certe enclave nel centro storico o nella periferia. Affitti alti, negozi in affari. Studi di professionisti. Condomini perbene o villette costruite nel secondo dopoguerra. E il controllo delle forze dell'ordine è serrato, ed efficace, tant'è che lo sparatore B.P., 25 anni, sabato è stato immediatamente rintracciato dai carabinieri: ''Ringraziamo i militari per averlo preso e per tutto quello che fanno ogni giorno per la sicurezza nostra e di tutti i viterbesi – dicono diversi residenti e commercianti della zona – Ma vorremmo anche che dal processo per direttissima (oggi, ndr) uscisse anche una condanna esemplare. Non si può andare in giro armati, anche se non con un'arma propriamente detta, sparare, e farla franca''.

 

Insomma, la zona dietro piazza Crispi non è il Bronx. Però i campanelli d'allarme non mancano, al netto delle disgrazie naturali, vedi la scomparsa per cause naturali della vigilessa Simona Cuccagna, che abitava proprio da queste parti, e che ha gettato nel lutto e nella commozione l'intero vicinato appena qualche mese fa.

 

Uno scippo ad una anziana in via Vittorio Veneto (la prosecuzione di via Isonzo) qualche settimana fa, i soliti furti negli appartamenti, le rapine in una gioielleria o anche in una vicina tabaccheria di via Belluno. ''Non c'è degrado – dice l'esperta titolare di un bar – e qui resiste ancora la solidarietà tra i vicini, il passaparola, l'identità di quartiere, ma sparare per strada è un limite che ancora non avevamo visto. E che non vorremmo più vedere''.

 

E dunque, oltre alla speranza che le forze dell'ordine continuino a sorvegliare le vie con questi risultati, l'appello va al Comune: ''Strade più pulite, perché con la differenziata qui abbiamo ancora grandi problemi. E poi l'illuminazione: i nuovi lampioni non fanno luce, anzi rendono tutto più buio. E il buio, si sa, favorisce l'illegalità''. Come le luci di un semaforo, del resto.




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