ANNO 25 n° 88
Apple svela i suoi segreti «Ecco i modelli mai visti»

Il magico «design» dei prodotti Apple che ipnotizza i consumatori hi-tech di mezzo mondo? Nasce su un tavolo da cucina nel quartier generale di Cupertino, attorno al quale i progettisti discutono, scambiandosi idee e disegni dei nuovi apparecchi che sono allo studio. Lo ha raccontato l'altro giorno a giudici e giuria del processo intentato dall'azienda della Silicon Valley contro la coreana Samsung, il designer della Apple Chris Stringer, prima di passare la parola al vicepresidente Phil Schiller. Il quale ha ripercorso le tappe della nascita dell'iPhone e dell'iPad, raccontando dettagli inediti, spiegando il modo di operare del «product team» e fornendo per la prima volta i dati di quanto la società ha speso per pubblicizzare l'iPhone (647 milioni di dollari nei soli Stati Uniti) e l'iPad (457 milioni).

Apple, che ha sempre avuto il culto della segretezza - quasi un ossessione per il fondatore Steve Jobs, arrivato a licenziare i dipendenti sorpresi a non proteggere con un codice di sicurezza i contenuti del loro iPhone - sta mostrando in questi giorni aspetti del suo lavoro e immagini dei prodotti, fin qui protetti da una ferrea regola di riservatezza.

Quasi uno «choc culturale» per l'azienda e un'esperienza mozzafiato per i ragazzi fanatici del «design» dell'azienda di Steve Jobs, che non hanno creduto ai loro occhi quando Apple ha consegnato al tribunale di San Josè i disegni di ben 100 prototipi inediti dei suoi prodotti più celebri. Tutte le aziende proteggono i loro segreti industriali, ma a Cupertino questo concetto era stato interiorizzato fino al punto di vendere senza imbarazzo, anzi con orgogliosa ironia, delle t-shirt su cui c'era scritto: «Ho visitato il campus della Apple ma questo è tutto quello che posso dire». E senza imbarazzo anni fa Jon Ruinstein, allora vicepresidente responsabile per l'iPod, spiegò: «In azienda siamo divisi per cellule, come le organizzazioni terroriste: ognuno sa solo quello che deve conoscere per il suo lavoro».

Ma ora la decisione di trascinare la Samsung in tribunale con l'accusa di aver messo sul mercato prodotti copiati dall'iPhone e dall'iPad costringe la Apple ad aprirsi ad uno scrutinio che certo è poco gradito, ma al quale non può sottrarsi. Sviluppo sgradevole, ma la posta in gioco è alta: il gigante della Silicon Valley, che accusa tra l'altro Samsung di vendere un cellulare - l'F700, copiato dall'iPhone - chiede un risarcimento di 2,5 miliardi di dollari e, se vincerà la causa, probabilmente chiederà la messa al bando di diversi prodotti dell'azienda coreana dal mercato Usa.

In questi giorni i dirigenti del gruppo californiano hanno cercato di limitare i danni rifiutandosi di rispondere a domande come quelle sull'aspetto esteriore dell'iPhone 5 che dovrebbe essere messo sul mercato ad ottobre. Per il resto, però, non hanno mancato di fornire un gran numero di dettagli inediti che dovrebbero servire a sostenere la tesi del plagio di cui si sarebbe reso responsabile il gigante coreano dell'elettronica. Uno scontro durissimo nel quale Samsung è stata addirittura accusata di aver cercato di corrompere il tribunale. La società asiatica ha reagito con una controdenuncia nella quale accusa Apple di aver copiato l'iPhone da Jony, un progetto della Sony rimasto sulla carta.

Una vicenda che ha provocato anche un duro scontro tra l'azienda e il giudice Koh, che aveva vietato alla Samsung di esibire in aula i disegni del Jony. Gli avvocati dell'azienda sotto processo non li hanno presentati in tribunale, ma li hanno dati alla stampa, mandando su tutte le furie il giudice responsabile del caso.

 

Oggi si riprende con nuove testimonianze, tra le quali quella di Susan Kare, una designer ora solo consulente di Cupertino che, però, ha lavorato per decenni con Steve Jobs che l'aveva nominata direttore creativo della NeXT: l'azienda da lui fondata quando, nel 1985, fu costretto da un «golpe» finanziario interno ad abbandonare la sua creatura. Emergeranno altri pezzi della storia segreta della Apple: dettagli curiosi - ad esempio il fatto che il 78 per cento dei clienti iPhone compra anche una custodia - o imbarazzanti, come quelli sulle indagini di mercato. Jobs ha sempre sostenuto che Apple non aveva bisogno di sondare i consumatori perché questi ultimi non sapevano cosa volevano: ci pensava la sua azienda a rispondere ai loro desideri prima ancora che loro riuscissero a esprimerli. Ma adesso si scopre che le cose non stavano esattamente così: Schiller ha spiegato che indagini di mercato e sondaggi sulla soddisfazione dei clienti se ne facevano, eccome. E, ovviamente, erano considerati anche questi segreti aziendali.

corriere.it




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