ANNO 25 n° 116
Roberto Vecchioni, un concerto memorabile ma con l'amaro in bocca
Professore inavvicinabile dai ragazzi del Teatro di Carta: ''Chiedevamo solidarietà'' (foto)
02/05/2012 - 06:40

di Elda Martinelli

 

VITERBO - Il tramonto sui calanchi, la bellissima piazza del Comune con il Castello come fondale del palcoscenico: odore di gerani e fettuccine in sugo per i vicoli di Castiglione in Teverina.

Poi, in un attimo, il sole cala, le luci si alzano, tuttii scendono in piazza: nessuna protesta, sono tutti là, ad aspettare Vecchioni. Tra loro anche noi: uno sparuto gruppo di fans con T shirt che attirano l’attenzione degli autoctoni. I più ci hanno scritto sopra le parole di alcune delle sue più belle canzoni, altri il logo del Comitato Cinema Trieste Aperto Spazi Liberi alla Cultura: è pronto anche uno striscione che pensiamo di alzare al momento più opportuno per attirare l’attenzione e la solidarietà del Professore.

Purtroppo assaggiamo subito l’amaro in bocca di non poterlo avvicinare prima del concerto: la richiesta fatta allo staff che lo ha portato in Tuscia è stata infatti del tutto snobbata e un tipino in pelle nera e riccioli fluenti, poco credibile, che parla uno strettissimo milanese, ci blocca spacciandosi per il suo manager, con la proposta di passare alla fine del concerto per un autografo. Ma le sue parole sanno di arroganza e di menzogna.

“Sogna, ragazzo sogna!” quale migliore inizio per il concerto… e poi, ci guardiamo ammiccando, è proprio quello che dichiariamo sempre noi del Teatro di Carta: guai a chi perde il gusto e la possibilità di sognare (anche se gli ultimi fatti accaduti nella nostra amata Viterbo hanno creato un attentato al sognare come puro diritto, soprattutto per i ragazzi…).

Alziamo lo striscione anche senza aver avuto un parere in merito dal professore!? Ma no, aspettiamo. Siamo troppo corretti (purtroppo per noi!) e aspettiamo. Il Professore racconta brevemente del suo lungo rapporto con i giovani dichiarandosi fortunato per aver svolto un lavoro accanto a chi, senza chiedere, è sempre pronto a dare energia, per il piacere di condividere. Penso al mio lavoro nelle scuole di mezza provincia, di Viterbo, dell’Ellera… ai vent’anni nel Cinema Teatro Trieste: qualcuno mi passa dei fazzoletti di carta. Non saranno gli unici di una emozionante serata.

“Le lettere d’amore”… è la canzone che porta scritta sulla maglietta Ramona. Ci ricorda che l’importante è fare, è agire: non perdersi a parlare o a scrivere sulla cose che invece vanno compiute prima che la vita ti dia il suo stop. Un omaggio a Fernando Pessoa, un monito a ciascuno dei presenti. L’avevamo scelta anche noi. I pensieri corrono su un unico filo: averlo avuto come professore per aver dato un senso ai nostri studi, per aver dato un’anima a quel latino e greco che sono stati solo un arido percorso a ostacoli!... I suoi alunni dicono di lui cose meravigliose e nessuno di noi ne dubita. Basta ascoltare quello che dice. E’ così vero! Poi anche il cielo piange un po’ con noi: ma il Professore non si ferma e dichiara di voler andare avanti fin quando non diventerà un diluvio. E il cielo, disarmato di fronte a tanto entusiasmo, si apre.

Da lì in poi, ecco una dopo l’altra, le canzoni che fanno parte di questo suo nuovo “Tutti i colori del buio tour”: e sembrava avessimo fatto insieme la scaletta, perché, come in una tombola musicale, canta tutte le canzoni scritte sulle magliette che indossavamo noi, lì sotto il palco.

“Figlia”…la canzone sulla Tshirt di Laura. Per non dimenticare mai, con il dovuto rispetto delle leggi ma anche con grande fermezza, che nella vita si combatte per un sì o per no, senza le mezze misure che sanno tanto di politichese ed inutilità. E poi “La viola d’inverno”… sulla mia maglietta: per aver presente sempre che la morte è dietro l’angolo ed è bene farsi trovare senza il rimorso di non avere fatto abbastanza quello che si sentiva di volere e di dovere fare. Raffaele aspetta la sua, ma forse “La stazione di Zima” con il suo delicatissimo dialogo con Dio è stata esaurita nelle parole della più recente “Tutti i colori del buio”. Arriva “Chiamami ancora amore”… per la gioia di Alice, che la indossa, avendone scelto le parole che dicono “perché le idee sono come le farfalle, che non puoi togliergli le ali… perché le idee sono come le stelle, che non le spengono i temporali”…e ci scambiamo abbracci e note, felice io di aver ben seminato qualcosa tra i miei tanti ragazzi di questi tanti anni e nelle mie figlie.

Lo dice anche il Professore, dal palco: questa notte buia della politica e della cultura dovrà pur finire! E ci si farà finché arte, musica, teatro, poesia nutriranno la mente e toccheranno le coscienze di chi ha sete di conoscenza e condivisione. Sorridiamo dicendo che sono le stesse cose dette e ripetute durante il mese di aprile sulla stampa viterbese e al Funerale della Cultura: la pensa proprio come noi, dunque. Che si fa? Alziamo lo striscione, allora?... Un anziano si avvicina ad Arcangelo chiedendogli se avesse scritto sulla sua maglietta un insulto…”Il tuo culo e il tuo cuore” è una canzone del Professore, un inno alla gioia di vivere. Lo guarda perplesso, ma convinto. E in un attimo siamo al gran finale.

Ma sì: ora o mai più. Alziamo lo striscione con scritto CINEMA TRIESTE APERTO. L’avrà visto mentre le luci illuminavano la platea sui saluti!? Riusciremo a parlargliene dopo il concerto, visto che ci è stato vietato farlo prima!? Tra il pubblico qualcuno chiede cosa sia, che voglia dire… cosa è successo… Mi chiedo come sia possibile aver ignorato il can can mediatico su quanto accaduto a Viterbo dopo il primo aprile: spieghiamo brevemente ai vicini. E già arrivano i bis. “Luci a San Siro”… non poteva mancare. Mia figlia mi chiede perché sulla maglietta di Francesco ci sia scritto “l’ho sempre amata, magari pure tra le sue braccia…” e invece Vecchioni ha cantato”tra le sue gambe….”. In due parole le spiego il concetto, spesso bigotto, di censura. E chiude con Samarcanda. Samuele, quattro anni, in braccio a Valentina, salta contento cantando con Luca e tutti noi la “Canzone del cavallo”.

In un attimo il palco spegne le luci, in un attimo il Professore scende dal palco, in un attimo ci precipitiamo con magliette e striscione da quella parte, giusto in tempo per vederlo salire in auto e scivolar via tra la folla. Il bagliore di una sigaretta accesa con il vero gusto del gran fumatore, dietro i vetri scuri e la domanda che gli facciamo, dal nostro cuore: caro Professore, noi ci abbiamo creduto e continueremo a crederci. Ma perché, allora? Perché accettare di essere risucchiati da un sistema organizzativo manageriale milanese che nulla ha a che fare con il tuo cuore napoletano!? Aspettiamo un contatto, non un pericoloso bagno di folla, per dirti che la pensiamo come te, forse anche grazie a te. E comunque, abbassato lo striscione CINEMA TRIESTE APERTO, con l’amaro in bocca, nella bella notte di Castiglione in Teverina ti diciamo”grazie, professore!”




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