VITERBO – Praticamente intatta, se non fosse per quei fori sui muri. Tra tutte le stanze, è la cucina quella più in ordine. A far riaffiorare che, invece, proprio lì si sarebbe consumata una vera e propria mattanza, è la parete rimasta spoglia delle sue piastrelle bianche a fiori color arancio. A rimuoverle, dopo il rinvenimento di alcune tracce ematiche proprio nel presunto teatro del duplice omicidio di Tatiana Ceoban e della figlia Elena, erano stati i carabinieri del Ris che, poi, le avrebbero sottoposte ad analisi nei laboratori di Roma.
A poco più di tre anni dal sequestro, alle 14 di ieri l’altro sono stati tolti i sigilli alla villetta dei misteri in località Cannicelle, a Gradoli, di proprietà di Paolo Esposito, recentemente condannato al carcere a vita dalla Corte d’assise d’appello, che ha confermato la sentenza di primo grado. All’amante-cognata Ala Ceoban, invece, sono stati inflitti otto anni perché, per i giudici capitolini, la giovane moldava non partecipò materialmente agli omicidi, ma aiutò Esposito “soltanto” ad occultare i cadaveri di sorella e nipote.
A togliere i sigilli da casa Esposito, dicevamo, sono stati i carabinieri del maresciallo Agostino Marigliano. Insieme a loro c’erano gli avvocati di famiglia Enrico Valentini e Maria Elisabetta Oddo; e i genitori dell’elettricista di Gradoli, Enrico Esposito e Maria Lorenzin. Nessuno c’era più entrato dall’11 giugno 2009; giorno in cui è datato il blitz nella villetta dei misteri da parte degli uomini del Nucleo investigativo di Viterbo e del sostituto titolare dell’inchiesta Renzo Petroselli. E giorno in cui, soprattutto, verranno trovate le macchie di sangue corrispondenti al profilo genetico di Tatiana.
Lo scenario, all’interno e all’esterno di quelle quattro mura grigie mai intonacate, è impietoso. Il vecchio giardino è un groviglio di erbacce e sterpaglie e rovi, alti fino a due metri, che rendono difficoltoso l’accesso alla villetta. Spalancato il portone, il groviglio è allo stomaco. Ci sono suppellettili disseminate ovunque; sedie rovesciate; stoviglie in frantumi; armadi rimasti aperti e vestiti sparsi sui letti. C’è un forte odore di chiuso e tanta polvere. Ma ci sono anche lo scrittoio della piccola Erika (la bambina che Esposito ha avuto nove anni fa da Tatiana) e la libreria di Elena, nata da una precedente relazione della moldava nel suo paese di origine. Il sopralluogo di lunedì è durato il tempo di un’oretta, durante la quale l’attenzione dell’avvocato Valentini è stata tutta rivolta alle famose tendine sparite dalla finestra della cucina. Per gli inquirenti vennero usate per pulire la scena criminis. Per Esposito e i legali sono ancora in casa. Da qualche parte.
“Abbiamo trovato una tenda in un armadio al pian terreno”, ha spiegato Valentini. “Alla madre di Paolo è sembrata proprio quella della cucina. Verificheremo”. Sì, perché l’intenzione dell’avvocato è di far eseguire un’ispezione al generale Luciano Garofano, consulente del collegio difensivo al processo di primo grado. (Richiesta, tra l’altro, avanzata più e più volte in sede di procedimento giudiziario e mai accolta; ed uno dei “motivi aggiunti” inseriti nell’ambito del ricorso in Appello). “Conto di riuscire ad eseguire il sopralluogo con il generale Garofano entro la prossima settimana”, ha detto in conclusione Valentini.