ANNO 25 n° 107
Inaugurati nuovi spazi espositivi nel Museo delle Tradizioni Popolari
In occasione del venticinquesimo anniversario dell'inaugurazione della struttura
01/12/2013 - 04:01

VITERBO – Venticinque anni ed essere ancora nel pieno dello sviluppo: è quanto accade al Museo delle Tradizioni Popolari di Canepina del quale, l'altro ieri pomeriggio, con l'apertura di quattro nuove sale, è stato celebrato il 25° anniversario dell'istituzione. Per l'occasione, il sindaco di Canepina Maurizio Palozzi ha donato una medaglia ricorda e un attestato ai consiglieri comunali che hanno sostenuto il Museo, diventato uno dei più importanti d'Italia nel suo genere.

Le nuove sale, due delle quali dedicate alla produzione del vino, sono state allestite nei sotterranei della chiesa di Santa Maria del Fossitello, attigua all'ex convento dei carmelitati, fondato nel XVII secolo da un illustre canepinese, padre Angelo Menicucci, dove ha sede il Museo, e nei locali successivi al refettorio, contraddistinto da pregevoli affreschi recentemente riportati alla luce e restaurati, nei quali è stata ricostruita, con utensili d'epoca la bottega del facocchio, il costruttore di carri da lavoro e delle ruote.

Come ha spiegato il sindaco Palozzi nel suo intervento, gli ambienti sotto la chiesa, sorretti da possenti mura e caratterizzati da un lungo soffitto a volta, sono stati recuperati, restaurati e adattati grazie a un contributo di 300mila euro concesso dalla giunta regionale di Nicola Zingaertti. Il vice presidente della Comunità Montana dei Cimini Pompilio Pizzo, ente al quale è demandata la gestione del Museo, ha sottolineato il valore storico-culturale sia del complesso che ospita il Museo che degli oggetti in esposizione, un viaggio secolare nei mestieri, nella religione popolare, nei giochi, nelle tradizioni intorno al quale è cresciuta e si è formata la comunità.

Ma al centro della ricorrenza ci sono stati soprattutto due nomi: quelli di Rosato Palozzi, l'ex sindaco di Canepina, scomparso da alcuni anni, che nel 1986 promosse la creazione del Museo, inaugurato due anni dopo, e del professor Quirino Galli, che della struttura e stato il ''padre'' e la ''madre'' allo stesso tempo. Galli, un'autorità in materia di tradizioni popolari e scrittore (l'ultiima sua fatica è stata dedicata ai riti del Carnevale nella Tuscia) che una volta nominato direttore, ha costruito anche materialmente le sale, in alcuni casi restaurando personalmente e con l'aiuto del suo Gruppo Interdisciplinare gli oggetti donati dalle famiglie canepinesi. Vieppiù, ha reperito altrove e si è fatto donare uno ad uno gli utensili che nel paese non erano più disponibili. L'ultima acquisizione è stato proprio il facocchio, dall'altro ieri esposto al pubblico.

Ora, il Museo di Canepina (ogni anno viene visitato da scolaresche della provincia di Viterbo e non solo, oltre che da numerosi appassionati del genere) offre una panoramica a tutto tondo dei mestieri e delle tradizioni che hanno caratterizzato per secoli il paese e sono stati il motore della sua economia. Si va dalla sala dedicata alla lavorazione della canapa (il nome del paese è stato fino al Rinascimento Canapina e così si chiamano tuttora le lingue di terra irrigua lungo i numerosi corsi d'acqua utilizzati per almeno otto secoli alla coltivazione della canapa) alla bottega del bottaio, un mestiere che fino poche decine di anni fa dava lavoro a mezzo paese. Una ''scuola'', quella dei bottai canepinesi, conosciuta e apprezzata in tutta l'Italia centrale e che, purtroppo, sta andando perduta.

E ancora, le botteghe del sediaro e del calzolaio, la casa dei primi anni del XX secolo, ricostruita minuziosamente, il corredo delle giovani donne (tutto rigorosamente in canapa) e dei bambini; la classe scolastica d'epoca fascista; la ricostruzione della festa di Sant'Antonio Abate, la sala dedicata ai giochi, con i giocattoli originali, quasi tutti costruiti a mano dai genitori o dagli stessi bambini; le campane della chiesa di San Giovenale, la più antica del paese (Primi templi nostri loci era scritto sull'architrave di una porta secondaria) distrutta dal bombardamento del 1944, che rase al suolo la parte medievale di Canepina, non a caso chiamata il Castello, provocando 117 vittime e un gran numero di feriti. (Vedi Fotogallery

E il grande salone del IV Stato, con le vetrine in cui sono esposti cimili e fotografie dei personaggi più illustri nati a Canepina: don Felice Ribichini, prete e garibaldino; Paolo Braccini, medaglia d'oro alla Resistenza; Angelo Meloni detto Picino, vincitore di 13 pali di Siena e al figlio Corrado, detto Meloncini, che seguendo le orme del padre, vinse altri due pali; Serafino Luccioli, artista, allievo di Canova; Adorno Foglietta e Roberto Corradini, entrambi eroi di guerra.

L'istituzione del Museo delle Tradizioni Popolari ha avuto anche un altro merito: il recupero del complesso monumentale dell'ex convento di carmelitani, dal 1870 in poi adibito a vari usi (caserma dei carabinieri, residenza della suore del Preziosissimo Sangue, asilo, scuola elementare) che ne avevano alterato l'aspetto originario. Nel corso degli anni è stato completamente riportato all'originale e sono stati recuperati e restaurati gli affreschi del chiostro, della scalinata principale e di alcune sale interne. L'ex convento è dotato di ulteriori spazi che, in futuro, consentiranno di creare nuove aree espositive.




Facebook Twitter Rss