ANNO 25 n° 89
Indagati tre amministratori di Tuscania
Il sindaco Bartolacci, un assessore e un consigliere accusati di concorso in rivelazione di segreto d'ufficio insieme con il capitano Massimo Cuneo
13/02/2015 - 11:42

TUSCANIA – Indagati per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio insieme con il capitano dei carabinieri Massimo Cuneo il sindaco di Tuscania Fabio Bartolacci, un assessore della sua giunta e un consigliere comunale di maggioranza. Questa la novità emersa dall’indagine condotta dalla guardia di finanza di Viterbo, sfociata nell’arresto dell’ufficiale dell’arma che, a differenza degli amministratori comunali, è accusato anche di peculato.

 

Secondo l’ipotesi accusatoria, il capitano Cuneo, all’epoca comandante della compagnia di Tuscania, avrebbe avvisato Bartolacci, impegnato nella campagna elettorale per le comunali, e due candidati della sua lista, che stava per essere presentata una denuncia per ricettazione contro la moglie di uno di loro. Denuncia che, in effetti, fu depositata pochi giorni dopo da un imprenditore cui erano stati rubati gioielli per un valore di circa 20mila euro. E la moglie del futuro consigliere lavorava come collaboratrice domestica nell’abitazione dell’imprenditore depredato.

 

In quei giorni, il telefono cellulare di Cuneo sarebbe stato già sotto intercettazione poiché il suo nome era emerso tra le carte di un’inchiesta su reati contro la pubblica amministrazione condotta dalla guardia di finanza su delega dalla procura di Viterbo. Così fu intercettata la telefonata ''galeotta''. Che, però, sarebbe avvenuta mentre sarebbe stata in corso la perquisizione nell'abitazione della donna. Perquisizione che, in seguito, fu eseguita anche a casa di Bartolacci e degli altri due indagati. Sentiti dagli inquirenti, il sindaco, l’assessore e il consigliere avrebbero respinto l’accusa.

 

Sarebbero invece due le circostanze da cui è scaturita l’accusa di peculato a carico del capitano Cuneo: la prima riguarderebbe l’uso dell’auto di servizio per scopi non istituzionali; la seconda riguarderebbe la fornitura di alcune finestre per un appartamento di proprietà dell’ufficiale da parte di una ditta incaricata di rinnovare gli infissi in una stazione dei carabinieri. Il conto ''privato'', secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbe finito nella fattura pagata dall’Arma.




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