ANNO 25 n° 89
Radio Punto Zero, la musica è finita
Ha chiuso il 31 dicembre la storica emittente di Civita Castellana
Col direttore Omero Giulivi ripercorriamo oltre 40 anni di trasmissioni
14/01/2016 - 10:17

CIVITA CASTELLANA – ''La fondazione risale al 1974, 1975. Prima sede: Soriano nel Cimino’’. Stop, riavvolgiamo il nastro, nella speranza che non si smagnetizzi, perché le cassette costano. Metà degli anni Settanta, l’Italia apre alle radio libere: il monopolio della Rai, cioè del pubblico, s’incrina sotto i colpi del progresso, della moda, dell’ingegno di tanti ragazzi che in giro per l’Italia si fanno la loro radio, pure nelle soffitte e nei garage. Oggi, oltre quarant’anni dopo, una di quelle radio chiude, anzi ha chiuso: il 31 dicembre scorso, mentre s’alzavano al cielo i calici e i fuochi artificiali del Capodanno, Radio Punto Zero di Civita Castellana finiva le trasmissioni. Thank you, and good night.

 

Le frequenze dell’emittente – da oltre trent’anni di proprietà della curia di Civita Castellana – sono state cedute al network nazionale Rtl 102.5. E qui non è il caso di soffermarci troppo sulle ragioni: costi troppo alti, ricavi ridotti, non ne valeva più la pena, eccetera eccetera. Affari loro, o semplicemente affari. No, qui piuttosto vale la pena ripercorrere la storia di questa radio, che poi è anche la storia di un territorio – la Tuscia -, della sua gente, dell’economia, e degli usi e dei costumi. Il viaggio è affidato ad Omero Giulivi, storico direttore della radio e, come impone il nome classico, perfetto nel tracciarne l’epopea. Perché epopea fu.

 

‘'Tutto risale a metà degli anni Settanta. A Soriano nel Cimino, Maurizio Tocchi il fondatore – ricorda Giulivi – Era l’inizio dell’era delle radio libere, e Radio Punto Zero in effetti fu una delle prime in Italia, anche se poi ebbe subito qualche problema, e per un periodo dovette sospendere le trasmissioni’’. La vicenda è nota, persino Ligabue, in versione regista, l’ha raccontata nel suo Radiofreccia: la legge sulle emittenti allora era ambigua, bastava una difformità tra questo o quel giudice, questo o quel tribunale, per determinare la chiusura di una frequenza.

 

''Nel 1980 – prosegue Giulivi – avvenne il trasferimento a Civita Castellana. Dal piccolo paese sui Cimini alla cittadina in pieno boom economico sull’onda della diffusione delle ceramiche. Al fianco di Tocchi arrivò un altro socio, Stefano Principalli, e la radio iniziò a crescere. Cosa facevamo? Quello che faceva, che fa, che dovrebbe fare una radio locale: musica, tanta musica, informazione, sport. Già, lo sport: si seguivano i campionati calcistici locali, certo, ma ci inventammo anche qualcosa di nuovo, che non si era mai visto. Secondiano Zeroli, per esempio, raccontava in diretta il Giro d’Italia, o anche il Tour de France, quest’ultimo tradotto in tempo reale dalla radio francese…’’.

 

Era la radio dei pionieri, della passione, dei mezzi tecnologici di fortuna eppure dello spazio all’inventiva, la fantasia al potere: ''Avevamo un ripetitore sui monti Cimini, poi ne piazzammo un altro sul Soratte, solo che ancora sul monte non c’era l’elettricità – dice Giulivi - così ci attrezzammo noi per portare la corrente lassù, con un cavo che partiva da Sant’Oreste… Quell’antenna ci consentì di allargarci dalla Tuscia verso la Sabina, e poi giù, fino a Roma. A ripensarci oggi: si mettevano su i dischi, le pubblicità si registravano sulle cassette. E naturalmente c’erano le dediche: per anni ho incontrato coppie che mi raccontavano di essersi innamorati con la nostra musica, le dediche…’’ Altro che Uomini e donne, altro che tronisti e corteggiatrici: bastava la canzone giusta, un telefono fisso, e un pizzico di fortuna nel trovare lo spazio e non perdere l’attimo fuggente della trasmissione.

 

Nel 1982 l’uscita di Tocchi dalla società, l’ingresso della curia, e intanto era nata la televisione (di qui il mutamento del nome Teleradio Punto Zero), con massicci investimenti, perché fare una tv, seppur locale, costava molto di più che mandare avanti una radio. ''Tanti ragazzi si sono alternati ai nostri microfoni – spiega Giulivi – Alcuni lo facevano per passione, altri con costanza, altri ancora con meno frequenza. Era una specie di volontariato, con gli slanci e i contrattempi del caso’’. Poi certo, la crisi, quella economica e, di riflesso, quella dell’editoria (''Una radio locale vive di pubblicità, la pubblicità del negozio sotto casa, e se neanche quello ce la fa a campare…’’). Le frequenze che fanno gola ai grandi network, perché abbracciano una zona importante, compresa l’autostrada del Sole. La scelta di vendere. Di chiudere.

 

Resta il ricordo di questa impresa che ha coinvolto almeno un paio di generazioni. E quelli che ci hanno creduto, e cosa è stato fatto, piccole e grandi cose: ‘'Nel 1980, dopo il terremoto dell’Irpinia, lanciammo una raccolta per le popolazioni colpite. Coperte, alimentari, ciò che serviva. Le portammo personalmente in Campania, fu un momento indimenticabile. Quelle persone ci hanno cercato e ringraziato per anni’’. Sì, grazie Radio Punto Zero.




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