ANNO 25 n° 111
Salute mentale, ''Serve più personale''
Vito Ferrante (Afesopsit) spiega la situazione dei servizi per i pazienti psichiatrici

VITERBO – L’allarme lanciato dalla presidente della Consulta regionale per la salute mentale , Daniela Pezzi, l’associazione Afesopsit, asss…, che da anni si occupa di garantire nel Viterbese alle persone con disturbo mentale il riconoscimento e l’esercizio dei diritti umani e civili, al fine di poter accedere ad un livello soddisfacente di qualità della vita per loro e per i loro familiari, lo fa proprio. Anche a Viterbo i posti letto per i pazienti psichiatrici sono infatti meno di quanto prescriverebbero il Progetto obiettivo nazionale e il Progetto obiettivo regionale per la salute mentale: nella palazzina C di Belcolle, dove attualmente risiede lo Spdc (Servizio psichiatrici di diagnosi e cura), sono solo otto, a fronte dei 32 che spetterebbero per legge. Pochi, se si considera che nella Tuscia pazienti affetti da patologie psichiatriche a vari livelli sono circa 4500.“Ovviamente siamo d’accordo con la presidente Pezzi. Quando dopo le nostre battaglie abbiamo ottenuto che il reparto venisse spostato dal vecchio ospedale alla palazzina C di Belcolle – spiega Vito Ferrante, presidente di Afesopsit – lì al piano terra, dove c’è anche un giardino, il nostro posto era occupato da Oncologia. Quindi, invece dei 16 letti previsti, che comunque sarebbero la metà di quelli dovuti, ne abbiamo avuti 8 al piano di sopra, vicino a malattie infettive. Un posto pulito e curato, certo, ma non accogliente, non adatto alle esigenze di chi soffre di certe patologie: ci sono finestrelle piccole e troppo in alto, non c’è nemmeno uno spazio per potersi fumare una sigaretta. Il problema vero è sempre lo stesso: il mancato completamento di Belcolle. Se finissero l’altro blocco, ci sarebbe più spazio per tutti”.Il personale in servizio nello Spdc viterbese, però, secondo Ferrante è mediamente sufficiente, anche se buona parte degli operatori sono a tempo determinato. “Ci sono dieci psichiatri – aggiunge snocciolando i dati raccolti dalla Consulta provinciale della salute mentale – due psicologi, un coordinatore infermiere, 13 infermieri, un assistente sociale part time, 2 operatori e due oss. Molti di loro hanno contratti a termine, parte dei quali rinnovati da poco dalla Regione Lazio: insieme ai sindacati e alla Consulta regionale abbiamo condotto una battaglia importante per loro, che adesso potranno essere stabilizzati a seguito del concorso che dovrebbe essere bandito a breve. Noi questi operatori non possiamo fare altro che ringraziarli per il lavoro che svolgono”.I problemi di personale, secondo Ferrante, esistono in realtà più sul territorio che nello Spdc. “Nei Dipartimenti (Dsm) e soprattutto nei Centri di salute mentale (Csm) i medici sono contati e mancano per lo più gli assistenti sociali – afferma -, insufficienti e presto interessati anche da diversi pensionamenti. Sono impagabili, ma sono pochi, non solo a Viterbo ma anche a Montefiascone, Tarquinia, Vetralla. Mancano poi quasi del tutto i terapisti occupazionali, i tecnici della riabilitazioni che collaborino al miglioramento della vita reale dei pazienti fuori dagli ambulatori. Per non parlare poi della neuropsichiatria infantile: ci sono solo cinque neuropsichiatri in tutta la provincia, che fanno i salti mortali per dare un servizio a circa 2000 bambini e ragazzi che ne hanno bisogno”. E’ proprio fuori dalle strutture sanitarie che l’associazione Afesopsit mira però a portare i sofferenti psichici. “Con più operatori sul territorio, applicando una psichiatria territoriale ‘’di strada’’, la presa in carico e la continuità terapeutica dei pazienti potrebbe avvenire fuori dagli Spdc – spiega Ferrante -, di cui a quel punto neanche ci sarebbe più bisogno, perché le crisi si risolverebbero nei Dsm. Più vita reale fuori, meno uffici e scrivanie: con più personale e un tipo diverso di trattamento si possono realizzare quei modelli che altrove funzionano, come a Terni o Trento. Dove i reparti sono aperti, c'è qualche posto letto ma neppure serve. Per dare questo tipo di servizio però serve più personale, altrimenti l'approccio resta ambulatoriale'.E quando l'ambulatorio è chiuso? C'è la Fattoria di Alice. 'A noi piace vivere bene, come tutte le altre persone - spiega Vito Ferrante, con accanto a sè uno dei suoi ragazzi -. Ci piace andare a pesca, cucinare, mangiare insieme, giocare a carte, fare le feste. Non ci piace parlare di terapie, perché l’unica terapia veramente utile è fare ciò che ci fa stare bene ed evitare la solitudine. La solitudine sì, ecco, quella è davvero un male”. Proprio per scacciarla, la solitudine, sono sempre in tanti il sabato e nei giorni festivi alla tavola della Fattoria di Alice. I ragazzi dell’associazione Afesopsit, quasi nella totalità dei casi pazienti dei Dipartimenti e dei Centri di salute mentale della provincia di Viterbo, si ritrovano nella struttura sulla Tuscanese, donata anni fa dalla proprietaria precedente all’associazione, nei giorni in cui i servizi sono chiusi. “Facciamo tante attività quando i servizi sono chiusi - prosegue -. Viviamo insieme una vita normale, a seconda delle situazioni siamo sempre in 40 o 50 a sederci a tavola. Abbiamo da anni firmato un protocollo con la Asl per l’assistenza e tra i nostri volontari ci sono anche ragazzi che hanno l'obbligo di svolgere servizi socialmente utili. Molti si sono affezionati a noi'. Tanto c'è ancora da fare, e infatti come Consulta provinciale per la Salute mentale presto verranno presentate alla direttrice generale della ASL di Viterbo, Daniela Donetti, delle proposte finalizzate al miglioramento dei servizi. 'Con lei abbiamo un rapporto ottimo, la dg è una persona concreta, che sa ascoltare e sono certo che lo farà anche stavolta - conclude il presidente dell'Afesopsit -. Durante gli anni del suoi precedente incarico, la dottoressa Donetti ci ha sempre aiutato quando ha potuto: una volta, in pochissimi giorni ha risolto un problema al Csm di Vetralla, e in un altro caso ha aumentato le ore di lavoro a un medico che prestava un servizio essenziale. Per noi è positivo che oggi al vertice dell'Azienda sanitaria viterbese ci sia lei'.

VITERBO – (e.c.) L’allarme lanciato dalla presidente della Consulta regionale per la salute mentale, Daniela Pezzi, l’associazione Afesopsit, associazione familiari sofferenti psichici della Tuscia, che da anni si occupa di garantire nel Viterbese alle persone con disturbo mentale il riconoscimento e l’esercizio dei diritti umani e civili, al fine di poter accedere ad un livello soddisfacente di qualità della vita per loro e per i loro familiari, lo fa proprio.

 

Anche a Viterbo i posti letto per i pazienti psichiatrici sono infatti meno di quanto prescriverebbero il Progetto obiettivo nazionale e il Progetto obiettivo regionale per la salute mentale: nella palazzina C di Belcolle, dove attualmente risiede lo Spdc (Servizio psichiatrici di diagnosi e cura), sono solo otto, a fronte dei 32 che spetterebbero per legge. Pochi, se si considera che nella Tuscia pazienti affetti da patologie psichiatriche a vari livelli sono circa 4500.

 

'MOvviamente siamo d’accordo con la presidente Pezzi. Quando dopo le nostre battaglie abbiamo ottenuto che il reparto venisse spostato dal vecchio ospedale alla palazzina C di Belcolle – spiega Vito Ferrante, presidente di Afesopsit – lì al piano terra, dove c’è anche un giardino, il nostro posto era occupato da Oncologia. Quindi, invece dei 16 letti previsti, che comunque sarebbero la metà di quelli dovuti, ne abbiamo avuti 8 al piano di sopra, vicino a malattie infettive. Un posto pulito e curato, certo, ma non accogliente, non adatto alle esigenze di chi soffre di certe patologie: ci sono finestrelle piccole e troppo in alto, non c’è nemmeno uno spazio per potersi fumare una sigaretta. Il problema vero è sempre lo stesso: il mancato completamento di Belcolle. Se finissero l’altro blocco, ci sarebbe più spazio per tutti''.

 

Il personale in servizio nello Spdc viterbese, però, secondo Ferrante è mediamente sufficiente, anche se buona parte degli operatori sono a tempo determinato. ''Ci sono dieci psichiatri – aggiunge snocciolando i dati raccolti dalla Consulta provinciale della salute mentale – due psicologi, un coordinatore infermiere, 13 infermieri, un assistente sociale part time, 2 operatori e due oss. Molti di loro hanno contratti a termine, parte dei quali rinnovati da poco dalla Regione Lazio: insieme ai sindacati e alla Consulta regionale abbiamo condotto una battaglia importante per loro, che adesso potranno essere stabilizzati a seguito del concorso che dovrebbe essere bandito a breve. Noi questi operatori non possiamo fare altro che ringraziarli per il lavoro che svolgono''.

 

I problemi di personale, secondo Ferrante, esistono in realtà più sul territorio che nello Spdc. ''Nei Dipartimenti (Dsm) e soprattutto nei Centri di salute mentale (Csm) i medici sono contati e mancano per lo più gli assistenti sociali – afferma -, insufficienti e presto interessati anche da diversi pensionamenti. Sono impagabili, ma sono pochi, non solo a Viterbo ma anche a Montefiascone, Tarquinia, Vetralla. Mancano poi quasi del tutto i terapisti occupazionali, i tecnici della riabilitazioni che collaborino al miglioramento della vita reale dei pazienti fuori dagli ambulatori. Per non parlare poi della neuropsichiatria infantile: ci sono solo cinque neuropsichiatri in tutta la provincia, che fanno i salti mortali per dare un servizio a circa 2000 bambini e ragazzi che ne hanno bisogno''.

 

 

E’ proprio fuori dalle strutture sanitarie che l’associazione Afesopsit mira però a portare i sofferenti psichici. ''Con più operatori sul territorio, applicando una psichiatria territoriale ‘’di strada’’, la presa in carico e la continuità terapeutica dei pazienti potrebbe avvenire fuori dagli Spdc – spiega Ferrante -, di cui a quel punto neanche ci sarebbe più bisogno, perché le crisi si risolverebbero nei Dsm. Più vita reale fuori, meno uffici e scrivanie: con più personale e un tipo diverso di trattamento si possono realizzare quei modelli che altrove funzionano, come a Terni o Trento. Dove i reparti sono aperti, c'è qualche posto letto ma neppure serve. Per dare questo tipo di servizio però serve più personale, altrimenti l'approccio resta ambulatoriale''.

 

E quando l'ambulatorio è chiuso? C'è la Fattoria di Alice. ''A noi piace vivere bene, come tutte le altre persone - spiega Vito Ferrante, con accanto a sè uno dei suoi ragazzi -. Ci piace andare a pesca, cucinare, mangiare insieme, giocare a carte, fare le feste. Non ci piace parlare di terapie, perché l’unica terapia veramente utile è fare ciò che ci fa stare bene ed evitare la solitudine. La solitudine sì, ecco, quella è davvero un male''.

Proprio per scacciarla, la solitudine, sono sempre in tanti il sabato e nei giorni festivi alla tavola della Fattoria di Alice. I ragazzi dell’associazione Afesopsit, quasi nella totalità dei casi pazienti dei Dipartimenti e dei Centri di salute mentale della provincia di Viterbo, si ritrovano nella struttura sulla Tuscanese, donata anni fa dalla proprietaria precedente all’associazione, nei giorni in cui i servizi sono chiusi. ''Facciamo tante attività quando i servizi sono chiusi - prosegue -. Viviamo insieme una vita normale, a seconda delle situazioni siamo sempre in 40 o 50 a sederci a tavola. Abbiamo da anni firmato un protocollo con la Asl per l’assistenza e tra i nostri volontari ci sono anche ragazzi che hanno l'obbligo di svolgere servizi socialmente utili. Molti si sono affezionati a noi''.

 

Tanto c'è ancora da fare, e infatti la Consulta provinciale per la Salute mentale presto presenterà alla direttrice generale della ASL di Viterbo, Daniela Donetti, delle proposte finalizzate al miglioramento dei servizi per gli psichiatrici. ''Con lei abbiamo un rapporto ottimo, la dg è una persona concreta, che sa ascoltare e sono certo che lo farà anche stavolta - conclude il presidente dell'Afesopsit -. Durante gli anni del suoi precedente incarico, la dottoressa Donetti ci ha sempre aiutato quando ha potuto: una volta, in pochissimi giorni ha risolto un problema al Csm di Vetralla, e in un altro caso ha aumentato le ore di lavoro a un medico che prestava un servizio essenziale. Per noi è positivo che oggi al vertice dell'Azienda sanitaria viterbese ci sia lei''.




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