ANNO 25 n° 115
Ancora in carcere i fratelli Corso
I due canepinesi sono accusati di aver intrattenuto rapporti con la ‘Ndrangheta
10/09/2013 - 04:00

VITERBO – Sono ancora rinchiusi nella sezione di alta vigilanza del carcere di Mammagialla Alberto ed Augusto Corso, i due fratelli canepinesi arrestati all’alba del 6 maggio scorso nell’ambito dell’operazione El Dorado insieme ad altre quattro persone residenti a Graffignano. (Contemporaneamente, nelle province di Reggio Calabria e Terni, furono ammanettate altre 16 persone).

Il primo è indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso (è accusato di essere affiliato alla 'ndrangheta); il secondo, invece, di riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita.

Secondo gli inquirenti, i Corso e gli altri quattro indagati viterbesi avrebbero contribuito a ''lavare'' oltre 600mila euro per conto della ‘Ndangheta e, in particolare, della ‘ndrina di Gallicianò, frazione aspromontana del Comune di Condofuri, caratterizzato da una massiccia presenza della malavita organizzata.

“Stiamo valutando la richiesta di revoca della misura cautelare o, in subordine, la concessione della detenzione domiciliare”. Così l’avvocato Giovanni Labate, legale di Augusto. “Ad ormai quattro mesi dall’arresto potrebbero sussistere le condizioni per la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare”.

L’inchiesta, condotta dall’Arma di Reggio Calabria, prende il via nel settembre 2009, quando nel mirino finiscono le attività economico-commerciali della famiglia Nucera e, poco dopo, anche quelle dei fratelli Corso

“L'input fu la scoperta del locale gestito dalla ‘Ndrangheta di ‘Gallicianò’, cuore dell’area Grecanica e frazione aspromontana del Comune di Condofuri (RC), caratterizzato tra l’altro dalla presenza di altri due locali: Condofuri Marina e Condofuri San Carlo”, spiegarono in sede di conferenza stampa i militari, aggiungendo che “l’attività d’indagine ha consentito di individuare persino le precise delimitazioni territoriali e le competenze dei rispettivi locali”. Era la località Acquapendente a dividere il confine tra il Gallicianò ed il San Carlo.

“Ad un certo punto – sottolinearono gli investigatori - è sorto un forte contrasto per l’assunzione del comando all’interno della stessa famiglia”. Così, per ribadire chi doveva essere ad esercitare il potere, intervennero altri soggetti considerati “importanti” che, nonostante non appartenessero a quel locale, ristabilirono gli equilibri.

La lotta intestina inizia nel 2002 quando Antonio Nucera (58 anni) si arroga il diritto di autonominarsi capo del Gallicianò, al posto di Giuseppe Nucera (67), finito in manette per 416 bis.

Quando nel 2008 viene scarcerato pretende però di tornare al suo posto e, a quel punto, interviene Domenico Nucera, genero di Giuseppe e nipote di Antonio, che organizza un incontro (svoltosi il 26 dicembre 2009) che si risolve in favore del suocero.

Nel corso delle investigazioni, poi, ecco spuntare fuori tale Alberto Corso, socio in affari dei fratelli Nucera e, soprattutto, loro referente nella provincia di Viterbo. “Corso è indicato da Domenico Foti come ‘contrasto onorato’ e ricevette un’illuminante lezione sulla ‘Ndrangheta da parte di Domenico Nucera”. Sarà proprio lui, infatti, a spiegargli l’organizzazione, l’assegnazione delle cariche in occasione della festa della Madonna di Polsi, la suddivisione dei locali, lo sviluppo della carriera ‘Ndranghetistica, il rito del battesimo, e così via. E sarà sempre lui a promettere ad Alberto Corso l’alta carica di “sgarrista”.

“L’indagine ha consentito di appurare un sistema di riciclaggio di denaro sporco che, partendo dalla Calabria, passava per il Lazio attraverso alcune ditte e ritornava in provincia di Reggio. Già nell’aprile 2009, Corso e Francesco Nucera, titolari di alcune piccole aziende nella provincia di Viterbo, si presentano a Reggio Calabria e tramite Antonio Nucera, chiedono del denaro poiché la ditta ortofrutticola Cimina dei fratelli Corso era in forti difficoltà economiche. Nel maggio 2009 Antonio, fermato ad un posto di controllo nella provincia di Viterbo, viene trovato in possesso di circa 50mila euro in contanti dalla Guardia di Finanza e lo stesso dichiara che erano soldi provenienti dalla Svizzera e che servivano ai nipoti per pagare gli operai. Invece si evince che i soldi erano per i fratelli Corso e provenivano dalla Calabria''.

Gli organi inquirenti hanno stimato che i fratelli Nucera e Corso abbiano preso circa 600mila euro dalla Calabria reinvestendoli nelle ditte Nucera Trasporto, Vitercalabria ed Ortofrutta Cimina.

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