ANNO 25 n° 118
I funerali dell'assessore Tito Arcangeli
24/10/2010 - 01:14

CASTEL SANT'ELIA - Sembra quasi, incredibile ma vero!, che non se ne possa più uscire. Sembra quasi che quella lunga e triste scia nera che sta portando via alcuni dei figli migliori, rappresentativi, apprezzati, di quella lingua di terra etrusca del Basso Viterbese ai confini con Roma, tra Nepi e Castel Sant'Elia per intenderci, non voglia affatto saperne di interrompersi. Da Nepi a Castel Sant'Elia la strada è davvero breve; e così, dopo aver appena pianto a Nepi la scomparsa di quel grandissimo uomo, medico, chirurgo che era il professor Aldo Fantini, nella vicina Castel Sant'Elia - e di nuovo anche a Nepi -lacrime inconsolabili sono state versate in queste ultime 48 ore per la perdita di un'altra grande persona: Tito Arcangeli. Ed era davvero un uomo speciale Tito, un uomo vero, vecchio stampo, un uomo 'bello' nel senso più alto del termine.

Un uomo pulito, onesto, serio, lavoratore, attaccatissimo alla famiglia e alla sua Castel Sant'Elia; benvoluto e stimato da tutti anche fuori dal suo paese, come nella vicinissima Nepi dove si sono sposate e vivono le sue due dolci e bellissime figlie Annalisa e Simonetta. Sorridente, cortese, disponibile, mai in lite, neanche con quelli che la politica, la sua vera e sentita passione, gli metteva 'contro', ma come oppositori, mai come nemici. Sempre pronto a impegnarsi in prima persona, a dare una mano a chi ne aveva bisogno, a lavorare per il bene collettivo e non per tornaconto personale. Cortese e disponibile, sapeva dispensare parole e consigli giusti a chiunque glieli richiedesse, scevro poi agli elogi e ai ringraziamenti che ne derivavano. Sereno e modesto, non se la prendeva neanche con coloro che di quelle sue innate cortesie e disponibilità magari approfittavano.

Una malattia improvvisa, devastante, se lo è portato via così, in un lampo, in uno dei migliori momenti della sua vita, gettando nello sconforto la moglie Anna, i familiari, gli amici e l'intera comunità 'allargata', grazie ai suoi amati generi Romano e Massimiliano, di Castel Sant'Elia e Nepi. E proprio alla presenza traboccante, silente e piangente, della comunità castellese e di gran parte di quella nepesina, si sono svolti venerdì scorso i funerali dell'assessore Tito Arcangeli. Nella Basilica romanica che gli era tanto cara, e dove era stato trasportato dalla camera ardente allestita in Comune, Sua Eccellenza il vescovo monsignor Romano Rossi in persona ha celebrato il rito funebre. E al buon Tito hanno reso omaggio, tra i tanti, il sindaco di Castel Sant'Elia e suo grande amico Rodolfo Mazzolini, l’amministrazione castellese, sindaci e amministratori dei paesi limitrofi con i quali aveva condiviso la passione per la politica.

L'assessore Tito Arcangeli, conosciuto da tutti per la sua inattaccabile attività, lascia un grande, enorme vuoto nelle tante persone che hanno visto in lui correttezza e volontà costanti nell'aiutare il prossimo. Ed è giusto, anzi doveroso, ricordarlo come esempio di vera e buona politica, la politica rivolta al bene comune; per di più in un momento come questo, dove spesso, troppo spesso, l'impegno politico viene utilizzato solo per soddisfare le proprie ambizioni e i propri interessi. A questo proposito, toccanti sono state le parole del vescovo Romano Rossi, il quale ha espresso la speranza che la politica, proprio così come la interpretava Tito, torni a essere uno strumento al servizio della comunità e cerchi di risolvere i problemi concreti dei cittadini.

Personalmente il vostro vecchio, stanco e rude cronista ormai sempre più disincantato, provato nel cuore e nell'anima, ha un tenero ricordo di Tito Arcangeli. E siccome, ripetendo quanto già scritto ricordando il professor Aldo Fantini, probabilmente un buon giornalista non è e forse non lo è mai stato, mischia ancora il privato con la professione e ve lo racconta. Nell'estate del 1999, mio padre tornò a casa appena operato per il brutto male che poi, anni dopo, lo condusse alla morte. Gli serviva qualcosa per casa e, senza poter guidare la macchina né quasi muoversi, lo accompagnai all'azienda di Tito. Quando arrivammo, fece per scendere e trasparirono tutto il suo dolore e la sua fatica; Tito se ne accorse subito e si precipitò fuori dal suo ufficio dicendogli 'calma Leopo', non affaticarti, ora ci penso io'. E sorridendo dolcemente, fece quello che non seppe fare il figlio: lo accudì in tutto e per tutto. E allora, grazie Tito, te lo ripeto ora che sicuramente sei lassù, nei prati del Cielo, a discutere di politica con mio padre.

Tommaso Alimelli




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