ANNO 25 n° 111
Sette piccolissimi indiani
Michelini non si dimetterà (giustamente), perché i ribelli non vanno dal notaio?
06/02/2016 - 11:44

VITERBO - Sette uomini in barca (per non parlar del cane). Ci vorrebbe la sublime ironia di Jerome K Jerome per raccontare questa crisi sempre più crisetta. Ci vorrebbe la leggerezza dell’humor inglese per commentare l’ultimo comunicato stampa dei sette consiglieri comunali ribelli del Pd. Quella nota in cui – udite udite – si chiedono niente meno che le dimissioni del sindaco. Uau. Che paura. Che ordine perentorio. Che ultimatum.

 

E già sembra di vederlo, Michelini, in fuga sulla Tiburtina, direzione Pescara e poi Brindisi, circondato da tutti i suoi fedelissimi, anche loro a farsela sotto mentre i crucchi incalzano, e le brigate nere pure.

 

Ma no che non ci sarà un 8 Settembre all’acquacotta. Non abbiamo il fisico, non abbiamo neanche gli uomini. Qui siamo gente semplice, e pure il senso della tragedia ci sfugge, anche se quello del ridicolo, di senso, non manca.

 

Già, perché sembra politicamente ridicolo chiedere le dimissioni ad un primo cittadino che è stato eletto due volte. Prima, alle primarie di coalizione (Pd più civici), dove il non-politico Michelini stracciò tutta la concorrenza, compreso un certo Francesco Serra, lui sì politico. E poi eletto alle elezioni politiche, giugno 2013, con la storica vittoria del centrosinistra a Viterbo, dopo vent’anni di amministrazioni del colore opposto.

 

Da allora, Michelini sempre lì sta: sala Rossa, primo piano di Palazzo dei priori, e non si capisce perché debba andarsene. Perché sette consiglieri glielo hanno chiesto, prima con una nota consegnata brevi manu, e poi, da ultimo, con questo comunicato stampa? Perché uno dei sette ha bruciato nella pubblica piazza una poltrona, con un gesto che in confronto il ‘’Vaffanculo’’ di Beppe Grillo sembra puro De Gasperi? Perché certi giornali non perdono mai l’occasione per prenderlo a schiaffi (se cade ci sarà sempre l’enorme soddisfazione di poter dire ‘’visto? L’emo fatto casca’ noi, quanto semo forti’’)?

 

No, Michelini avrà pure i suoi limiti, non sarà un fulmine di guerra, sarà anche un ingenuo, ma una cosa è certa: non si dimette perché glielo chiedono sette piccoli indiani. E perciò, visto che tra i ribelli – e il loro capo nominale, Francesco Serra – non ce n’è nessuno che si sia voluto mai mettere in gioco, accettando una poltrona, una carica (meglio fottere che governare), per provare a cambiare l’inerzia di questa amministrazione, non resta da fare che una cosa. Andare dal notaio e firmare le dimissioni e mettere fine a questa farsa nell’unico modo sensato, serio e consapevole. Basta un quarto d’ora, una penna che scriva e due attributi che fumino. Riusciranno, i nostri eroi?




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