ANNO 25 n° 111
Un disastro: raccolto fermo al 5-6%
Sui Cimini ''bruciati'' 8-9 milioni di euro e centinaia di posti di lavoro stagionali
16/10/2013 - 04:01

VITERBO – La stagione 2013, come quella 2012, sarà ricordata come una delle più nere per i produttori di castagne dei Cimini. Il raccolto in corso, nel migliore dei casi, raggiungerà il 5-6% della produzione media (circa 40mila quintali). Ancora più catastrofico il raffronto con il 2008, ultima stagione “d’oro”, con circa 65mila quintali. E non è ancora tutto: il 10-15% del prodotto è marcio, infestato dal balanino, dalle varie specie di cydia e dalla pammene fasciana. In alcune lo località l’infestazione può arrivare al 50%, in altre è pressoché inesistente. Al vertice della piramide degli infiniti guai che affliggono i castagneti, però, c’è il cinipide, la micidiale vespa cinese approdato nel Viterbese nel 2002 e che ha iniziato a provocare i primi effetti nel 2004. E’ proprio l’infestazione da cinipide infatti, che ha reso le piante più vulnerabili agli altri parassiti. In termini medici, si potrebbe dire che ne ha debilitato gravemente le difese immunitarie.

“E’ un disastro – spiega un produttore di Canepina -, l’anno scorso non ho raccolto nemmeno una castagna, quest’anno al massimo arriverò a 3-3,5 quintali, poco meno di un terzo del quale è da scartare, il quadro e completo. Fino alla comparsa del cinipide – aggiunge -, raccoglievo tra i 30 e i 35 quintali. Nelle stagioni migliori arrivavo anche a 40”.

Per rendersi conto del momentaccio che sta vivendo la castanicoltura basta visitare i magazzini dei principali grossisti: nessun andirivieni di trattori e pick up con i cassoni colmi di sacchi di castagne; silos e vasche vuote, macchine selezionatrici che ferme o che lavorano a scartamento ridotto.

I principali grossisti, fino a qualche anno fa, stoccavano 800-900 quintali di castagne al giorno. Quest’anno, riusciranno ad arrivare a 1000-1500 quintali in tutta la stagione.

“Nonostante tutto – dice un commerciante – il prodotto sano è buono. I marroni hanno una taglia di 60-65 pezzi al chilogrammo, con punte di 50-52 nei casi migliori. Anche le castagne, con circa 78-80 pezzi al chilogrammo, sono di ottima qualità. Il problema, ormai drammatico – conclude – è la quantità”.

Nel territorio in cui è concentrata la castanicoltura della Tuscia (Canepina, oltre 800 ettari e 355 aziende; Vallerano 414 ettari e 268 aziende; Caprarola, 393 e 265 aziende; Viterbo 395 ettari e 296 aziende; Ronciglione, 241 ettari e 69 aziende; Soriano nel Cimino, 227 ettari e 238 aziende; Carbognano, 127 ettari e 137 aziende - dati Istat) sono andati in fumo circa 8 milioni di euro, senza considerare l’indotto. Evaporati anche alcune centinaia di posti di lavoro stagionali. I grossisti, che stoccavano in media dai 10mila ai 15mila quintali di castagne e marroni, occupavano ognuno 15-18 operai. Quest’anno, invece, la manodopera è ridotta a un quinto. E sono al chiodo anche gli autotrasportatori e le aziende produttrici di macchinari agricoli. Una vera e propria batosta che si ripete ormai da 4 anni consecutivi, spingendo allo stremo un territorio che proprio sulle castagne aveva il suo punto di forza.

A subire le conseguenze più pesanti è Canepina, con 800 ettari di castagneti da frutto e una raccolta che, fino a qualche anno fa, si aggirava intorno ai 25mila quintali l’anno, più del 50% dell’intera produzione provinciale.




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