ANNO 25 n° 88
Civita, si mobilita l'intellighenzia italiana
Napolitano, Veronesi, Cacciari, Tornatore e moltissimi altri hanno firmato l'appello

BAGNOREGIO – L’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il filosofo Massimo Cacciari, l’oncologo Umberto Veronesi, il regista Giuseppe Tornatore e tantissimi altri esponenti dell’intellighenzia italiana hanno firmato il manifesto-appello a favore di Civita di Bagnoregio. L’iniziativa, alla quale potrebbero aderire al il Copo della Stato Sergio Mattarella e il premier Matteo Renzi, è finalizzata a sollecitare lo studio, il finanziamento e la realizzazione di progetti mirati a salvaguardare l’antico borgo, non a caso ribattezzato ''La città che muore'' da uno dei suoi più illustri cittadini, lo scrittore Bonaventura Tecchi, la cui sopravvivenza è messa a rischio dal lento ma perenne sgretolamento della rupe tufacea su cui si erge.

 

Il manifesto-appello, promosso dall’Associazione Civita, presieduta da Gianni Letta, sarà presentato ufficialmente martedì 19 maggio a Roma, nella sede dell’Associazione, a piazza Venezia 11.

 

Lo psichiatra Paolo Crepet e il regista Tornatore, che da anni hanno scelto Civita di Bagnoregio come il loro buen retiro sono stati tra i primi a sottoscrivere il manifesto-appello. Le firme già apposte sarebbero alcune centinaia. Tra loro critici d’arte, geologi, artisti, docenti universitari, politici, imprenditori, musicisti, scienziati di varie discipline.

 

Alla presentazione del manifesto-appello, oltre al presidente dell’Associazione Civita Letta, interverranno il governatore del Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Bagnoregio Francesco Bigiotti.

 

Solo pochi giorni fa si è verificato l’ultimo smottamento sullo sperone tufaceo del borgo. Che soffre del cosiddetto ''effetto carciofo''. In pratica, sulla parte più esterna dello sperone che galleggia sui calanchi, si aprono delle profonde crepe larghe diversi metri che, a causa degli agenti atmosferici e del vento, si staccano, assottigliando sempre più il piedistallo che sorregge il borgo. Come un carciofo, appunto, cui si tolgono una dopo l’altra le foglie più esterne.




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