ANNO 25 n° 117
E’ caccia ai tre pusher latitanti
Sono tutti romani; uno per la Procura è il canale tra Civitavecchia e il Viterbese
27/06/2013 - 04:00

VITERBO – (ale.ser.) Il sostituto Renzo Petroselli ne è convinto: “I tre indagati che mancano all’appello saranno rintracciati al più presto”. Lo aveva detto ieri l’altro, in apertura della conferenza stampa al Comando provinciale dei carabinieri, convocata per illustrare i dettagli dell’operazione Drum. La stessa con cui gli uomini del Reparto operativo e del Nucleo investigativo hanno smantellato una vasta rete dedita al traffico di sostanze stupefacenti tra il capoluogo di Tuscia e la Capitale.

La caccia, adesso, è aperta. Ieri diversi militari dell’Arma viterbesi erano dislocati su Roma e Civitavecchia per notificare l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari Salvatore Fanti agli ultimi tre pusher che, all’alba di martedì, si erano resi irrintracciabili.

Gli altri cinquantotto indagati, invece, sono stati assicurati alla giustizia. Stessa sorte per altri tre pusher sorpresi in flagranza di reato durante le centoundici perquisizioni eseguite tra Viterbo, Tuscania, Marta, Montefiascone, Arlena di Castro, Capodimonte e Piansano. Ma anche nei quartieri romani San Basilio, Cassia, Olgiata, Monte Mario, Trionfale e Acilia.

Ha fatto rumore, nel frattempo, l’arresto della famiglia proprietaria dell’agriturismo in località San Savino (tra Marta e Tuscania) “Il Castellaccio”. Presunto forziere, insieme a tre forni riconducibili alla stesa famiglia, di chili e chili di droga – tra cocaina, hashish, marijuana ed amné - che veniva occultata tra farinacei e balle di fieno.

La Procura ritiene C.G., B.M.T., C.O., C.S., e C. S. ed F.L. (fidanzata del giovane C.O.) i dominus della collaudata organizzazione criminale.

“I loro interlocutori – avevano spiegato al Comando provinciale – erano i referenti dei più importanti sodalizio legati al traffico di droga della Capitale”.

E’ ai clan di San Basilio e ai gestori del mercato dell’Olgiata e del litorale che la famiglia faceva riferimento per ordinare la “roba”. Che, poi, piazzava sulla piazza della provincia viterbese avvalendosi di un nutrito numero di pusher.

Mentre, a portare da Roma all’agriturismo la droga, erano numerosi corrieri assoldati anche occasionalmente tra persone incensurate ed anziani in difficoltò economica.

Quanto agli interrogatori di garanzia, infine, gran parte degli indagati hanno scelto di avvaler si della facoltà di non rispondere davanti al gip.

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